Ho deciso questa volta di parlarvi dell’infinita questione degli avanzamenti da sempre causa di scontri fra amministrazione e militari.
Troppe volte risultano evidenti disparità di trattamento ed avanzamenti apparentemente dettati più da esigenze “politiche” che di merito.
Una interessante sentenza del Consiglio di Stato 2016 affronta il caso un militare che impugnava avanti al Tar Lazio il provvedimento con cui, sebbene fosse stato dichiarato idoneo all’avanzamento a scelta al grado superiore, non veniva inserito nel novero degli promossi.
Al militare era stato attribuito un punteggio pari a 29,96/30 in quanto militare “fisicamente idoneo, sempre sorretto da rigorosissimi principi morali, dotato di esemplare e saldo senso etico e la cui azione è stata caratterizzata in ogni circostanza da elevatissima incisività, determinazione e pragmaticità“.
Gli altri militari di pari grado, inseriti utilmente nella graduatoria finale, avevano conseguito i seguenti punteggi: punti 29,96/30, punti 30/30, punti 30/30 e punti 30/30. Ma la cosa sorprendente è che tutte le valutazioni venivano accompagnate sempre dalla solita motivazione standardizzata identica a quella ricevuta dal militare penalizzato e cioè appunto militare “fisicamente idoneo, sempre sorretto da rigorosissimi principi morali, dotato di esemplare e saldo senso etico e la cui azione è stata caratterizzata in ogni circostanza da elevatissima incisività, determinazione e pragmaticità“;
Fra le altre cose il militare penalizzato, nel ricorso al Tar, contestava eccesso di potere, sviamento di potere, illogicità ed ingiustizia, manifesta contraddittorietà e disparità di trattamento esercitata dall’Amministrazione, a suo svantaggio, nei confronti dei militari in lizza per la promozione. Tra l’altro il militare vantava anche una posizione apicale rispetto agli altri anche in ragione di un corso di formazione seguito, ma anche questo aspetto non veniva considerato dall’Amministrazione.
Alla luce di tutto ciò il Tar affermava che a fronte di una motivazione identica e stereotipata espressa dalla Commissione per tutti i militari presi a confronto ed in presenza di sicuri elementi qualitativi di maggior rilievo in capo al ricorrente (maggior numero di elogi, encomi, e benemerenze tributati, posizione apicale anche di ragione di un corso di formazione in più rispetto agli altri) “non si riscontra affatto una sicura e chiara prevalenza degli altri militari” rispetto al militare ricorrente;
Per questa ragione il Tar riteneva provato il prospettato vizio di eccesso di potere e, conseguentemente, accoglieva il ricorso del militare annullando il provvedimento finale impugnato nei limiti dell’interesse del ricorrente, in quanto viziato da eccesso di potere, stante la presenza di criteri di valutazione non omogenei.
Ma il Ministero della Difesa non si arrendeva e ricorreva in appello al Consiglio di Stato.
Il Consiglio di Stato però nella sentenza confermava quanto rilevato dal Tar e cioè che un’analisi del profilo di carriera dei militari così standardizzata contrastava con il fatto che gli altri militari avessero ricevuto un numero di elogi ed encomi sensibilmente inferiore ( in alcuni caso addirittura pari a zero) rispetto al militare ricorrente, avessero seguito un corso di formazione in meno e vantassero una posizione di minore rilievo rispetto a lui.
Anche il Consiglio di Stato rilevava quindi come non fosse giusto assegnare la stessa valutazione a tutti i militari in esame viste le differenze in termini di elogi, encomi, benemerenze ricevuti, incarichi ricoperti e corsi di formazione effettuati.
Il Consiglio di Stato rigettava quindi il ricorso del Ministero della Difesa confermando la sentenza del Tar e dando ragione al militare ingiustamente danneggiato.
Anche questo caso concreto evidenzia come la valutazione del militare ai fini dell’avanzamento debba essere il risultato di una congrua ponderazione della carriera del militare e debba quindi dipendere da tutta la sua storia professionale.
Applicare stesse valutazioni a militari con percorsi professionali diversi risulta ingiustificato e pertanto censurabile anche in sede giudiziaria.
Cosa deve fare allora un militare che pensi di essere stato penalizzato ai fini dell’avanzamento ?
Dovrà far valere le proprie ragioni al fine di fare rilevare gli errori commessi dall’Amministrazione.
Anche perché, diversamente, vedrebbe la propria carriera ingiustamente danneggiata.
Sempre dura la vita dei militari ma anche questa sentenza dimostra che vale sempre la pena lottare.
Avv. Giuseppe Di Benedetto